Il tuo carrello è attualmente vuoto!
Una carbonara quarta puntata




Se vuoi qui mi puoi ascoltare.
Scrivere la quarta puntata:“ “carbonara Chicago 1952″ sembrava semplice. Invece non lo è stato. Pensavo gli appunti si sarebbero assottigliati in fretta, come sempre succede. Invece si sono moltiplicati e rimane un nocciolo duro da raccontare, ma ogni volta spunta un nuovo capitolo. Oggi comunque facciamo un altro passo avanti, alla ricerca della carbonara com’era prima della “carbonara perfetta”. Non è ancora il momento per scoprire quando è stata battezzata con il suo nome o quando è nata e chi l’ha concepita. Intanto per trovare tracce ed indizi sulla sua storia ci imbarchiamo per approdare dall’altra parte dell’oceano.
Una prova americana
La carbonara a Chicago nel 1952 è una preparazione molto molto italiana fatta in America. Al ristorante c’è una pancetta toscana, in tavola del Parmigiano, nell’aria profumo di pasta fresca all’uovo e di carbonara. Il risultato? Una versione iniziale lontana dall’essere netta o “pulita” ma con un’identità già riconoscibile, vera. Sarà poi quella che comunque, con qualche sfumatura diversa, qualche ingrediente che si aggiunge e qualcuno che cambia, mangeremo per anni.
Il piccolo regalo della puntata precedente era la versione del 1954, pubblicata dalla rivista La Cucina Italiana che con un po’ di fantasia poteva essere la prima apparizione codificata. Ma come hai forse intuito, non è nel 1954 la prima pubblicazione della ricetta con il nome che porta ancora oggi.
1952. Una brutta notizia per i puristi della carbonara identitaria. Infatti siamo a Chicago, Illinois. Nel libro “Vittles and Vice: An Extraordinary Guide to What’s Cooking on Chicago’s Near North Side“, tradotto letteralmente “Viveri e vizi: Una guida straordinaria a ciò che bolle in pentola nella zona nord di Chicago”, troviamo, in assoluto la prima testimonianza della ricetta scritta.
Va ricordato che l’America era l’area prediletta per chi emigrava dall’Italia e non solo. In quegli anni New York era la città al mondo con il numero più alto di italiani.
Scritto da Patricia Bronté, con illustrazioni di Franklin McMahon, il volume offre una panoramica vivace della scena culinaria locale: ristoranti, club e ricette, con attenzione particolare alla cucina italiana. È una testimonianza preziosa della cultura gastronomica italo-americana dell’epoca.
PASTA CARBONARA
Boil 1½ pounds of Tagliarini (thin wide noodles) according to the directions on the package.
Meanwhile, chop and fry ½ pound of Mezzina (Italian bacon).
Drain the noodles and the bacon.
Take 4 eggs and ⅓ pound of grated Parmesan cheese and lightly whip together.
Mix everything together and toss over a flame.
Serves four.
Traduzione:
Fai bollire 700 grammi di tagliarini (simili a fettuccine larghe).
Taglia e friggi 225 grammi di mezzina (pancetta toscana).
Scola tutto.
Sbatti 4 uova con circa 150 grammi di Parmigiano.
Unisci tutto e mescola sul fuoco.
Dosi per quattro persone.
Una storia toscana in Illinois
Questa versione della carbonara di Chicago del 1952 arriva dal ristorante Armando’s di Armando Lorenzini e Pietro Lencioni. I due soci trasformarono una villa in periferia di Chicago in ristorante. Diventò presto un punto di riferimento per l’autentica cucina italiana in città.
La loro versione riflette influenze toscane, mantenendo rigore e non cedendo ai gusti americani. Pietro Lencioni era nato negli USA da genitori italiani, cresciuto in Toscana e poi tornato in America prima dei 18 anni. Cuoco di formazione, portò con sé un grande patrimonio gastronomico toscano.
I “tagliarini” non sono toscani in senso stretto. Forse Lencioni ha voluto usare un nome che suonasse più italiano. I taglierini o tagliolini sono i formati tradizionali diffusi in molte regioni del Nord Italia. Nella ricetta quando si dice tagliarini si intendono tagliatelle: fettuccine larghe.
I termini: thin wide noodles sembrano indicare una pasta dalla forma piatta e larga, ma con uno spessore sottile.
La pasta fresca in un buon ristorante italiano non mancava. Del resto bastava un uovo per etto di farina per una squisita specialità. Da Armando’s la ristorazione era onesta. Un bel tavolo di pasta fresca dava subito l’idea di famiglia, accoglienza italiana e ristorazione trasparente.
Puoi provare una carbonara con la pasta fresca.
La puoi gustare a Roma con i tonnarelli una pasta all’uovo tipo spaghetti ma a sezione quadrata. Nella tua cucina: un po’ di grasso della pancetta (o oggi, meglio ancora, guanciale, se non vuoi modifiche che ti portino troppo lontano dalla ricetta tradizionale), un po’ di glutine della farina della pasta ancora calda e bagnata. La crema si forma da sola, con il gesto della mantecatura, con l’acqua che ancora vela la tagliolini o tagliatelle o ancora tonnarelli ma che nel formato sottile diventa perfetta. Serve solo il tempo giusto, il liquido e il calore residuo.
C’è chi per ripetere queste consistenze date dalla pasta all’uovo quando usa la pasta secca, tipo spaghetti, aggiunge un cucchiaio di farina all’acqua in ebollizione. Ottenendo così una salsa ancora più cremosa. Con il risultato garantito.
Provare per credere!
Tagliolini gratinati
E se vuoi un esempio storico, prova i tagliolini gratinati al prosciutto dell’Harry’s Bar di Venezia, firmati Cipriani. Sono ancora nel menu.

Torniamo alla ricetta del 1952. Ingredienti: mezzina, Parmigiano…
Analizzando la ricetta sono necessari alcuni chiarimenti.
La mezzina non è bacon, anche se la ricetta la chiama “Italian bacon”. Il primo è toscanaccio. Sapido, rustico, affumicato giusto e trattato con erbe e l’aglio. Hai letto bene aglio! Il secondo profondamente dolce, affumicato, americano, da colazione.
Due mondi lontani.
L’uso della mezzina ha solide radici toscane. Alcuni esempi:
- fagioli all’uccelletto con mezzina come base
- zuppa di pane (ribollita)
- sugo finto (cipolla, pomodoro e mezzina)
- farinata di cavolo nero
- acquacotta maremmana
- pasta al pomodoro con mezzina
Risultato di quella carbonara nella fotografia

Altro dettaglio: nel 1952 c’è il Parmigiano, non il Pecorino e credo per scelta. Forse il pecorino era più facilmente reperibile del Parmigiano ma quest’ultimo in America già molto più identitario e riconosciuto come eccellenza italiana. Tutto viene saltato sul fuoco. Quindi niente cremina. Uova cotte per una pasta ruvida. Rustica, probabilmente buona ma lontana da quella che oggi chiamiamo classica.
Curiosamente, manca il pepe nero considerato fondamentale.
Una carbonara molto italiana ma emigrata
La carbonara di Armando’s di Chicago nel 1952 è il primo esempio documentato della ricetta. Semplificando sembra sia americana. Invece è italiana ma fatta in America. La versione di Lorenzini e Lencioni, influenzata dalle tradizioni toscane, ha il merito di aver contribuito alla diffusione e trasformazione del piatto fuori dall’Italia. E forse, di rimbalzo, anche qui da noi. Cose e persone partivano per l’America ma anche ritornavano in Italia. La ricetta, lo vedremo, si è evoluta e da noi le varianti regionali hanno fatto il resto.
E il nome?
Molti collegano il nome della ricetta al termine “carbonaro” (carbonaio). La Cucina Italiana scrive: «il nome deriva da carbonaro, “coal burner”», ipotizzando fosse preparata da uomini che lavoravano all’aperto con carbone o legna. Altri la legano ai carbonari del Lazio. Una leggenda vuole che un oste romano la dediccasse ad un amico con cui aveva lavorato come carbonaro. Ma la ricetta era già conosciuta. L’ipotesi che il nome venga dal padre di Lencioni — che lavorava in toscana nelle miniere di lignite o produceva carbone vegetale — non trova valore storico ed è in difetto temporale. A Roma la carbonara a quel tempo era già conosciuta con questo nome.
La sfida dunque non si svolgeva in cucina ma sulla carta stampata. L’editoria americana era invincibile rispetto al nano editoriale italiano e questo nella diffusione della ricetta codificata ha fatto la differenza. In Italia esisteva prima ma nessuno prima della rivista della “Cucina Italiana” aveva pensato di pubblicarla. Forse anche perché se lo avesse fatto non avrebbe trovato una diffusione e un successo editoriale come quello americano.
L’idea che i carbonai si nutrissero di pasta con uova, formaggio e salume – e che i pezzi di carbone caduti dai cappelli nel piatto siano poi stati replicati dal pepe nero – è chiaramente una leggenda.
In questa puntata
In questa puntata ti ho raccontato di ingredienti adattati, di un nome senza origine certa e di gesti che hanno viaggiato lontano. Una radice americana. Un altro tassello in questo mosaico fatto di uova, formaggio, maiale.
La prossima puntata
La storia continua con Carnacina, Alda Boni, Gualtiero Marchesi…
Commenti
Argomenti
- Dove mangiare a Trieste.
- Identità triestina
- La Carbonara – Serie completa
- Storie di cucina di Maurizio Stagni
- Uncategorized
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.