Home » La carbonara.

La carbonara.

Per carbonara rock 3

Prima puntata della “carbonara”. Un piatto mai immobile.

Firma per Carbonara 2
Maurizio Stagni per carbonara rock

Se vuoi ascoltarmi avvia qui sotto.


Cosa ti racconterò.

L’argomento è spinoso, ne sono consapevole. La carbonara non è solo una ricetta, è un simbolo, una religione fatta di: guanciale a listarelle, pecorino grattugiato, tuorli d’uovo, pepe macinato al momento, acqua di cottura e spaghetti al dente. Addirittura una parola nuova è stata coniata negli ultimi anni: “carbocrema”. Una crasi tra carbonara e dogma, usata per descrivere l’atteggiamento rigido, quasi liturgico, di chi difende questa ricetta come fosse un sacramento. Ma basta una parola per definire un mito. È uno dei piatti più controversi, amati e difesi in cucina. In questo viaggio, esploreremo la storia dietro questo piatto, tra leggende e versioni mai codificate.



Disegno della ricetta della carbonara

6 Aprile 2025.

Perchè oggi? Da tempo, le 365 giornate dell’anno non bastano più per celebrare tutte le ricorrenze che gruppi di appassionati ritengono meritevoli di memoria. Sono nate giornate dedicate al bacio, all’abbraccio, alla carota. Ci sono giornate mondiali per il consolatorio cioccolato, per la risolutoria pizza. Tutte ricorrenze in gara d’importanza con la giornata di Bali dedicata al silenzio, dove un’intera città si ferma. Rimane muta, immobile. Sospesa. I demoni arrivano, non vedono nessuno e se ne vanno. Una bella soluzione per togliersi i pensieri dei demoni. C’è una giornata, anzi un intero fine settimana, in cui si celebrano il “santo” Conte Camillo Negroni e il barman Fosco Scarselli. Il 22–28 settembre, si festeggia, con alto rischio d’ebbrezza, la Negroni Week.

In mezzo a queste celebrazioni ognuna soggettivamente importante, ho recuperato un rito nascosto, dimenticato, sommerso: il Carbonara Day. Domenica 6 aprile 2025, dovunque tu sia: spaghetti alla carbonara! Spaghetti, linguine, mezze maniche…? Non sono qui per scegliere il tipo di pasta, ma per raccontarti — una volta per tutte — la storia della carbonara. Una storia mobile, come la ricetta stessa. Un piatto mai immobile. Anzi.


Gastrointegralisti.

Lo stimolo offerto dal rigore dei sacerdoti di questo piatto — che credono in una tradizione purtroppo solo narrata — rende lo studio storico tanto stimolante quanto divertente. Basta pronunciare la parola carbonara perché, in molti, scatti l’esigenza di proteggere la propria silenziosa ma radicata appartenenza a un gruppo ristretto, massonico e intransigente: quello della Carbonara perfetta. Per costoro, la ricetta si scrive con la “C” maiuscola. È una religione fatta di guanciale a listarelle, pecorino grattugiato a neve, tuorli d’uovo, pepe macinato al momento, acqua di cottura e spaghetti al dente.

Per porre una base iniziale della mia presunta autorevolezza, accetto il rischio e propongo a questi gastrointegralisti — talebani del gusto — la mia: “Liturgia della Carbonara perfetta”. Chissà che riesca a superare l’esame e che questo articolo venga letto per intero. Resto col dubbio: forse sarebbe stato meglio scrivere di panna, parmigiano e pancetta… per scatenare ira ed interesse.

Liturgia della Carbonara perfetta.

Bacchette di guanciale, precise nella padella fredda. Accendi il fuoco. Devi essere gentile. Il grasso si scioglie piano, con pazienza.
Profumo dolce, rotondo, burroso, poi arriva un leggero fondo rustico, di cantina, infine un accenno bruno come un’idea di caramello, ma salato. Ora il guanciale è pronto.

L’acqua bolle. Giù gli spaghi. Gira bene.

Colpi secchi e fra le dita scorre l’albume. Il tuorlo in terrina si accomoda sul pecorino. Impalpabile. Neve sottile. Rasserena la sua nota pungente, salina. Ammorbidisce quel tono di sfida. Tu gira. Amalgama. Accarezza.
Intanto dedica un vortice alla pasta. Così, distratta, si lascerà rubare poca acqua. Il pecorino arso e sapido che l’aspetta l’assorbe in fretta. Si gonfia. Con il tuorlo si fa crema.

Rapita dal suo bagno, l’onda bionda e bagnata degli spaghi sorprende il grasso caldo. Sfrigola appena. Tu agita, mescola e la sostanza della pasta si trasforma in emulsione opalescente.
Hai il tempo del vapore che scompare. È l’ultimo minuto per far cambiare vita agli spaghi, rintuzzarli e rinvigorirli. Devono essere ben svegli e saturi del sapore del guanciale per buttarsi a capofitto, grassi e scivolosi, nella terrina che li aspetta. Rotolano gli spaghetti, profumati e sodi. La crema li avvolge e si lega. La magia di consistenze e profumi si compie.

Il fuoco tienilo lontano. Tu gira.

La pioggia del pepe tostato è un colpo secco del suo profumo che si apre, punge, riempie la cucina. Il suono della pasta ritornata in vita, con l’onda che si frange in terrina, è il segnale del viaggio quasi compiuto. Il cerchio si chiude con il guanciale croccante, a cascata, come un’ultima benedizione.

Si serve. Si tace.

Buon appetito 1

Spero che questa messa sia sufficiente per meritarmi un po’ di credibilità.


Una immagine e una domanda.

Famiglia anni 60 per carbonara
Famiglia in Lambretta anni 60 .

La famiglia di questa immagine che carbonara mangiava?

Andiamo per ordine.

Artusi, nel suo manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, non fa cenno a questa ricetta. Eppure è un ricettario che inizialmente contava circa 700 preparazioni e arriva, nelle ultime edizioni, a oltre 860. Raccoglie la cucina regionale italiana, dalla fine dell’Ottocento ai primi del Novecento. È la cucina della borghesia.

Forse allora la carbonara è degli operai o dei contadini? Difficile pensarlo. Perché l’ingrediente degli operai, dei mezzadri e dei piccoli contadini era, più di ogni altro, la fame.
Se non vogliamo fermarci alle apparenze il giallo si infittisce. Non è dei carbonai. Non è stato neanche lo chef Gualandi ad inventarla sebbene in qualche modo ne proclami la paternità. Forse Pietro Lencioni e Armando Lorenzini quest’ultimo carbonaio da miniera? Ma chi sono costoro, te lo farò scoprire.


Allora questa carbonara da dove salta fuori ?

Chi l’ha inventata, e soprattutto: quando? Perché non è mai comparsa prima del secondo dopoguerra? E cosa c’entrano gli americani, i soldati, la fame, il bacon, il latte in polvere?

Un pezzo alla volta arriverò a comporre il puzzle


Le origini della carbonara. Il cortometraggio della Barilla: “Carebonara”.

“Carebonara” non è un errore ortografico. In 9 minuti la Barilla, racconta una delle tante leggende sull’origine della pasta alla carbonara. Secondo questa versione, il piatto sarebbe nato a Roma nel 1944, dall’incontro tra un cuoco italiano e un giovane soldato americano, afrodiscendente (politicamente corretto?). Bacon, uova, formaggio romano, pasta, e soprattutto un mercato dove — pagando, si intende — si poteva trovare di tutto: questi gli ingredienti per soddisfare corpo e anima.



Il film, diretto dal regista belga Xavier Mairesse e interpretato da Claudio Santamaria, è stato presentato da Barilla il 1° aprile 2021, in occasione del Carbonara Day. Nel corto, il cuoco dice al soldato: “Vai al mercato di Carebonara” per acquistare ciò che non c’era nella razione “K “dei soldati americani, messa a punto da Ancel Keys. “Carebonara”, un gioco di parole? Un malinteso? O un riferimento ironico al mercato nero, cuore pulsante della sopravvivenza romana in quei mesi? O magari una “care-zza” alla carbonara?

Barilla ovviamente ha usato questa storia per sottolineare il potere della pasta come collante umano e culturale. Non a caso, da carbonara a Carebonara, il passo è breve e ben studiato. Del resto, cos’altro aspettarsi da chi ha fatto del motto “Barilla, dove c’è casa” la propria bandiera?


In questa prima puntata.

Ho iniziato a svelarti i primi misteri della carbonara. Un piatto sempre in evoluzione, che vive di leggende e tradizioni. Hai visto come la carbonara, pur esercitando l’immobilità di una certa cucina intransigente, continua a far parlare di sé, a muoversi, a cambiare, proprio come le storie che la circondano. L’origine della carbonara è a tutt’oggi oggetto di dibattito tra gli storici della gastronomia. La ricetta forse è apparsa per la prima volta in una guida ai ristoranti di Chicago nel 1952? Chissà se nella prossima puntata riuscirò a dare un nome al suo vero inventore, o se sarò costrettoa aperdermi in un intricato mistero culinario.


Questo articolo fa parte della serie dedicata alla carbonara e alle liturgie gastronomiche de Le Malefatte della Bora. Se ti interessa la gastronomia, la storia delle ricette, Trieste e la cucina con me, Maurizio Stagni, oppure cerchi un altro punto di vista sull’Italian food, continua a seguirmi. Racconto storie che non hanno bisogno di essere perfette, ma solo vere.
👉 www.lemalefattedellabora.com (si apre in una nuova scheda)


Visita la collana editoriale dei “Pesci Rossi”.